24 dicembre: buona vigilia di Natale

Asciuga, Bambino Gesù, le lacrime dei fanciulli! Accarezza il malato e l’anziano! Spingi gli uomini a deporre le armi e a stringersi in un universale abbraccio di pace! Invita i popoli, misericordioso Gesù, ad abbattere i muri creati dalla miseria e dalla disoccupazione, dall’ignoranza e dall’indifferenza, dalla discriminazione e dall’intolleranza. Sei Tu, Divino Bambino di Betlemme, che ci salvi liberandoci dal peccato. Sei Tu il vero e unico Salvatore, che l’umanità spesso cerca a tentoni.

Dio della Pace, dono di pace all’intera umanità, vieni a vivere nel cuore di ogni uomo e di ogni famiglia.

Sii Tu la nostra pace e la nostra gioia! Amen. (Giovanni Paolo II)

23 dicembre: beatitudini del nostro tempo

Beatitudini per il nostro tempo  

Beati quelli che sanno ridere di se stessi:
non finiranno mai di divertirsi.
Beati quelli che sanno distinguere un ciottolo da una montagna:
eviteranno tanti fastidi.
Beati quelli che sanno ascoltare e tacere:
impareranno molte cose nuove.
Beati quelli che sono attenti alle richieste degli altri:
saranno dispensatori di gioia.
Beati sarete voi se saprete guardare con attenzione le piccole cose e serenamente quelle importanti:
andrete lontano nella vita.
Beati voi se saprete apprezzare un sorriso e dimenticare uno sgarbo:
il vostro cammino sarà sempre pieno di sole.
Beati voi se saprete interpretare con benevolenza gli atteggiamenti degli altri anche contro le apparenze:
sarete giudicati ingenui ma questo è il prezzo dell’amore.
Beati quelli che pensano prima di agire e pregano prima di pensare:
eviteranno tante stupidaggini.
Beati soprattutto voi che sapete riconoscere il Signore in tutti coloro che incontrate:
avete trovato la vera luce e la vera pace.

21 dicembre: la vecchietta che aspettava Dio


La vita di ognuno di noi è intessuta di attese. Si tratta di una esperienza importante e di grande valore educativo. Consapevole di ciò, la Chiesa ha fissato un tempo per ravvivare questo ‘stato’ fondamentale nella vita del cristiano: il tempo dell’Avvento. La storia sottolinea che Dio è sempre sorprendente… è possibile incontrarlo in tanti modi, ma in modo particolare nelle persone che ci avvicinano tutti i giorni.

C’era una volta un’anziana signora che passava in pia preghiera molte ore della giornata. Un giorno sentì la voce di Dio che le diceva: “Oggi verrò a farti visita”. Figuratevi la gioia e l’orgoglio della vecchietta. Cominciò a pulire e lucidare, impastare e infornare dolci. Poi indossò il vestito più bello e si mise ad aspettare l’arrivo di Dio.

Dopo un po’, qualcuno bussò alla porta. La vecchietta corse ad aprire. Ma era solo la sua vicina di casa che le chiedeva in prestito un pizzico di sale. La vecchietta la spinse via: “Per amore di Dio, vattene subito, non ho proprio tempo per queste stupidaggini! Sto aspettando Dio, nella mia casa! Vai via!”. E sbattè la porta in faccia alla mortificata vicina.

Qualche tempo dopo, bussarono di nuovo. La vecchietta si guardò allo specchio, si rassettò e corse ad aprire. Ma chi c’era? Un ragazzo infagottato in una giacca troppo larga che vendeva bottoni e saponette da quattro soldi. La vecchietta sbottò: “Io sto aspettando il buon Dio. Non ho proprio tempo. Torna un’altra volta!”. E chiuse la porta sul naso del povero ragazzo.

Poco dopo bussarono nuovamente alla porta. La vecchietta aprì e si trovò davanti un vecchio cencioso e male in arnese. “Un pezzo di pane, gentile signora, anche raffermo… E se potesse lasciarmi riposare un momento qui sugli scalini della sua casa”, implorò il povero.

“Ah, no! Lasciatemi in pace! Io sto aspettando Dio! E stia lontano dai miei scalini!” disse la vecchietta stizzita. Il povero se ne partì zoppicando e la vecchietta si dispose di nuovo ad aspettare Dio.

La giornata passò, ora dopo ora. Venne la sera e Dio non si era fatto vedere. La vecchietta era profondamente delusa. Alla fine si decise ad andare a letto. Stranamente si addormentò subito e cominciò a sognare. Le apparve in sogno il buon Dio che le disse: “Oggi, per tre volte sono venuto a visitarti, e per tre volte non mi hai ricevuto”.

Bruno Ferrero

Fonte

20 dicembre: a Natale puoi

A Natale puoi…

A Natale puoi
fare quello che non puoi fare mai:
riprendere a giocare,
riprendere a sognare,
riprendere quel tempo
che rincorrevi tanto.

È Natale e a Natale si può fare di più,
è Natale e a Natale si può amare di più,
è Natale e a Natale si può fare di più
per noi:
a Natale puoi.

A Natale puoi
dire ciò che non riesci a dire mai:
che bello stare insieme,
che sembra di volare,
che voglia di gridare
quanto ti voglio bene.

È Natale e a Natale si può fare di più,
è Natale e a Natale si può amare di più,
è Natale e a Natale si può fare di più
per noi:
a Natale puoi.
È Natale e a Natale si può amare di più,
è Natale e a Natale si può fare di più
per noi:
a Natale puoi.

Luce blu,
c’è qualcosa dentro l’anima che brilla di più:
è la voglia che è l’amore,
che non c’è solo a Natale,
che ogni giorno crescerà,
se lo vuoi.

A Natale puoi.

È Natale e a Natale si può fare di più,
è Natale e a Natale si può amare di più,
è Natale e a Natale si può fare di più,
è Natale e da Natale puoi fidarti di più.

A Natale puoi…
puoi fidarti di più.

A Natale puoi.

18 dicembre: Amami come sei

AMAMI COME SEI
(Gesù parla a un’anima)

“Conosco la tua miseria, le lotte e le tribolazioni della tua anima, le deficienze e le infermità del tuo corpo: – so la tua viltà, i tuoi peccati, e ti dico lo stesso: “Dammi il tuo cuore, amami come sei…”. Se aspetti di essere un angelo per abbandonarti all’amore, non amerai mai. Anche se sei vile nella pratica del dovere e della virtù, se ricadi spesso in quelle colpe che vorresti non commettere più, non ti permetto di non amarmi. Amami come sei. In ogni istante e in qualunque situazione tu sia, nel fervore o nell’aridità, nella fedeltà o nella infedeltà, amami… come sei.., Voglio l’amore del tuo povero cuore; se aspetti di essere perfetto, non mi amerai mai. Non potrei forse fare di ogni granello di sabbia un serafino radioso di purezza, di nobiltà e di amore ? non sono io l’Onnipotente ?. E se ml piace lasciare nel nulla quegli esseri meravigliosi e preferire il povero amore del tuo cuore, non sono io padrone del mio amore? Figlio mio, lascia che Ti ami, voglio il tuo cuore. Certo voglio col tempo trasformarti ma per ora ti amo come sei… e desidero che tu faccia lo stesso; io voglio vedere dai bassifondi della miseria salire l’amore. Amo in te anche la tua debolezza, amo l’amore dei poveri e dei miserabili; voglio che dai cenci salga continuamente un gran grido: “Gesù ti amo”. Voglio unicamente il canto del tuo cuore, non ho bisogno né della tua scienza, né del tuo talento. Una cosa sola m’importa, di vederti lavorare con amore. Non sono le tue virtù che desidero; se te ne dessi, sei così debole che ali­menterebbero il tuo amor proprio; non ti preoccupare di questo. Avrei potuto destinarti a grandi cose; no, sarai il servo inutile; ti prenderò persino il poco che hai … perché ti ho creato soltanto per l’amore. Oggi sto alla porta del tuo cuore come un mendicante, io il Re dei Re! Busso e aspetto; affrettati ad aprirmi. Non allegare la tua miseria; se tu conoscessi perfettamente la tua indigenza, morresti di dolore. Ciò che mi ferirebbe il cuore sarebbe di vederti dubitare di me e mancare di fiducia. Voglio che tu pensi a me ogni ora del giorno e della notte; voglio che tu faccia anche l’azione più insignificante solo per amore. Conto su di te per darmi gioia… Non ti preoccupare di non possedere virtù: ti darò le mie. Quando dovrai soffrire, ti darò la forza. Mi hai dato l’amore, ti darò di saper amare al di là di quanto puoi sognare… Ma ricordati… amami come sei… Ti ho dato mia Madre; fa passare, fa passare tutto dal suo Cuore così puro. Qualunque cosa accada, non aspettare di essere santo per abbandonarti all’amore, non mi ameresti mai… Va…”

17 dicembre: Preghiera davanti al Presepio

Preghiera davanti al Presepio

Ecco il Presepio!
Discretamente mi sono infilato in mezzo ai pastori, ognuno con il suo regalo.
Con la sua nascita, Gesù mi ha dato tutto, tutto se stesso.
Io, cosa gli offrirò in contraccambio?
Non ho niente, se non questa candelina che ho plasmato durante tutti i giorni dell’anno ormai quasi finito.
Certo è storta, rattrappita e un po’ malandata: ma sono proprio io!
Non importa che sia bella, attraente o semplicemente bianca.
So di voler dare tutto.
Gesù  mi accoglie e mi sorride.

Questa candela della mia vita, avrei potuto tenerla in disparte, lontano dal Presepio,
egoisticamente ordinata e conservata intatta nella sua scatola di cartone.
Ma chiusa nella scatola, la mia vita non avrebbe avuto nessun senso.
Avrei perso la mia vocazione.

Invece ho scelto di essere acceso.
Questa è la mia gioia ed io trovo il senso della mia vita solamente quando brucio.
Quando brucio però, mi consumo.
Poco a poco mi rimpicciolisco al punto di sparire del tutto, peggio per il mio egoismo!
“Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà;
e chi la perderà per causa mia e del Vangelo, la salverà”. (Marco 8,35)
E’ la condizione per trovare la propria vocazione.
Finalmente diffondo luce e calore per la gioia di tutti.

Adesso so perché esisto. Voglio passare la mia vita ad illuminare.
Sono gli auguri per l’anno nuovo,
offerti a tutte le candele che bruciano con me, attorno al Presepio.

Gesù  ci accoglie e ci sorride.           

Padre Etienne 

http://www.padrestefano.it

16 dicembre: è Natale -Madre Teresa

È Natale – Madre Teresa di Calcutta
È Natale ogni volta
che sorridi a un fratello
e gli tendi la mano.
È Natale ogni volta
che rimani in silenzio
per ascoltare l’altro.
È Natale ogni volta
che non accetti quei principi
che relegano gli oppressi
ai margini della società.
È Natale ogni volta
che speri con quelli che disperano
nella povertà fisica e spirituale.
È Natale ogni volta
che riconosci con umiltà
i tuoi limiti e la tua debolezza.
È Natale ogni volta
che permetti al Signore
di rinascere per donarlo agli altri.

15 dicembre: la mia “Cometa”

Un altro anno è passato…
sono sempre più convinta che il tempo non cura un bel niente.
Manchi, come il primo giorno.
Alcune volte riesco a percepire in questa assenza la tua presenza.
Succede spesso mentre guardo quel fazzolettone che per mille motivi non porto più al collo, ma che fa parte di me più di ogni altra cosa.

Quest’anno avrei potuto finalmente raccontarti cose meravigliose dopo tutte le mie lagne adolescenziali. Avrei potuto condividere con te questo periodo speciale con la speranza di vederti fiero di me e della donna che sono.
E invece no.

Passano gli anni, e io resto qui ancora sulla tua scia, resto qui con il tuo sorriso dentro me, resto qui con tutti quei ricordi che non sbiadiranno mai, resto qui con la consapevolezza che tu vivi in me e in chi ha avuto la fortuna di conoscerti.

A Davide racconterò sicuramente di te, di tutte le avventure che grazie a te e con te ho vissuto, del nostro cammino di Santiago, di quando sono stata per un giorno intero a dipingerti un pigiama con i disegni dei Simpson mettendo tutto il mio affetto in ogni pennellata. Gli parlerò di te, della tua forza e del fatto che se un giorno ammirerà la sua mamma come persona sarà perchè dietro quella che sono c’è il tuo zampino.

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15 dicembre: Cometa

15 dicembre: Cometa, la storia di una stella speciale

Tanto tempo fa, proprio come accade oggi, non si poteva decidere come si sarebbe nati: grandi o piccini, alti o bassi, con gli occhi azzurri o neri, il carattere molto socievole o più riflessivo.
Si nasceva, si cresceva e ci si imparava a conoscere a poco a poco.
Era una cosa naturale che capitava a tutti e che, infatti, capitò anche a Cometa.
Cometa era nata in una quieta notte invernale in quel cielo che lei chiamava “casa”.
Cometa era nata piccola e si sentiva una stellina di serie b. Guardava le altre stelle, la Luna e provava invidia perché sapeva che nessuno avrebbe mai notato quell’esile punticino luminoso, lassù nel cielo infinito. Lei non avrebbe rallegrato il cuore degli innamorati, dei pastori, dei bambini, degli uomini e delle donne che rientravano a casa dopo una giornata di faticoso lavoro.

Il gran Sole osservava con compassione la piccola Cometa che ogni notte si sforzava di brillare più luminosa, di diventare un po’ più simile alle altre stelle.
Tante volte aveva già provato il desiderio di parlarle, di rassicurarla. Tante volte era stato sul punto di rivelarle il sogno che anche una stellina piccola e insicura come lei custodiva nel cuore. Ma il gran Sole non le si avvicinava mai, non poteva, non prima del tempo.
La piccola Cometa passava tutte le notti affacciata sul mondo, ascoltando i discorsi dei pastori e delle loro pecore, le voci delle madri che chiamavano i bambini per la cena, le fresche risate dei più piccoli e la felicità nei loro cuori. Nessuno badava a lei mentre le sue sorelle erano ammirate dai giovani innamorati e dai poeti, seguite dai marinai e dai viaggiatori.

Tutto questo finché, un giorno, il cielo infinito comunicò al gran Sole che era giunto il momento di parlare alla piccola stella. Il Sole chiamò quindi Cometa al suo cospetto.
La poverina pensò subito di aver commesso qualche errore, di cui non si ricordava, ma che sicuramente aveva commesso se un astro tanto importante si preoccupava di una piccola stella come lei.
Il Sole, invece, le sorrise bonario e le rivelò che era arrivato il momento di partire.
La esiliavano? Si preoccupò immediatamente la piccola Cometa spaventata, ma per cosa?
No, la rassicurò invece il Sole, non si trattava di un castigo, ma di un dono: era stata scelta per guidare il cammino di tre uomini saggi verso la dimora di un re.
Cometa non riuscì a nascondere la sua sorpresa e incredulità: immaginò che il gran Sole si stesse sbagliando, aveva sicuramente chiamato la stella sbagliata. Lei guidare tre uomini saggi verso la dimora di un re?

Ma il gran Sole non sembrò ricredersi delle parole appena pronunciate, le descrisse i tre uomini e le disse che si chiamavano Re Magi.
Ancora confusa Cometa si ritrovò in viaggio. Si continuava a domandare come avrebbero fatto quei tre uomini saggi a vederla. Poveretti, lei era troppo piccola, troppo poco importante per essere vista, figuriamoci perché qualcuno potesse seguirla!
Ma ecco che una notte la stella vide tre uomini elegantemente vestiti in groppa ai loro cammelli che si guardavano intorno confusi.
Cometa li sentì parlare tra di loro, percepì lo smarrimento nelle loro parole.
I tre uomini erano perplessi: parlavano di un sogno, di una stella che li avrebbe dovuti guidare.
Cometa capì che stavano parlando di lei.

“Ehi, sono qui!”, iniziò a gridare per attirare la loro attenzione. Ma nulla, gli uomini continuavano a parlare tra di loro e a guardare il cielo confusi, come se non vedessero niente.
“Sono troppo piccola, non mi vedranno mai!”, piagnucolò Cometa disperata: ecco che finalmente le era stato assegnato un compito importante e lei non riusciva a portarlo a termine. Il gran Sole aveva sbagliato a fidarsi di lei. Era solo una piccola stella inutile.
Stava piangendo e non si era mai sentita così piccola e impotente, incapace di essere all’altezza del compito, quando, all’improvviso, Cometa si sentì riscaldare da un potente fuoco d’oro. Si guardò stupefatta e vide che dietro di lei si era formata una leggera coda argentata. Non credeva ai suoi occhi: proseguiva il viaggio vestita d’oro e d’argento.
I tre uomini iniziarono ad additarla felici e ripresero il cammino.

Cometa era incapace di capire cosa potesse essere successo: ora gli uomini la potevano vedere, la stavano seguendo! Sentiva l’entusiasmo alimentare l’oro e l’argento, le lacrime riscaldare il suo cuore di gioia.
Dopo un lungo viaggio Cometa si accorse di essere arrivata in prossimità di una capanna alquanto malridotta. Si guardò intorno, ma non vide dimore di re, solo quella capanna. Alcuni pastori sostavano davanti all’uscio. Una capanna di pastori! Ma dove aveva condotto i re Magi? Aveva sbagliato rotta? Il gran Sole non glielo avrebbe mai perdonato. Quella di certo non poteva essere la dimora di un re!
Cometa, però, vide che i tre uomini scendevano dai loro cammelli e sentì che il loro cuore era colmo di gioia. I Re Magi si avvicinarono alla capanna, ognuno di loro portava in mano uno scrigno.

“Cosa stanno facendo?”, si chiedeva Cometa disorientata. Cercò di guardare all’interno della capanna e rimase esterrefatta: i tre uomini si erano inginocchiati davanti ad una mangiatoia che faceva da culla ad un bambino piccolo e indifeso.
Era forse quello il re? E quella capanna la sua dimora?
Il primo uomo porse al bambino uno scrigno che conteneva oro.
“Oro, il più nobile dei metalli, il simbolo della nobiltà che i suoi atti infonderanno nell’animo, nei sentimenti degli uomini e delle donne”, cantò Cometa, assorta nella contemplazione del bambino, parole che il suo cuore le aveva appena sussurrato.
Il primo uomo lasciò il posto al secondo, anche lui con uno scrigno tra le mani. Il suo dono era dell’incenso.
“Incenso, dal profumo che guarisce, fiamma bianca, fumo tenue, il simbolo dell’essenza delle sue parole, di ciò che insegnerà agli uomini e alle donne.” E poi fu la volta del terzo uomo che portava in dono della mirra.
“Mirra, nata da gocce di resina, profumo che dona benessere, il simbolo delle lacrime che verserà, del dolore che patirà, lacrime e dolore umani a cui lui concederà solidarietà e speranza.”
Cometa si riscosse dalla contemplazione e si accorse che ora tutto di lei si era fatto più tenue: il caldo oro, il delicato argento, il ricordo delle lacrime.

Quella notte lei aveva compiuto ciò che nessun altro avrebbe potuto compiere. Ora sembrava che avrebbe lasciato dei pastori, tre uomini saggi, due genitori ad adorare un bambino nato re in una capanna tra i pascoli di Betlemme.
Ma c’era un unico distinto sentimento che scivolava quieto nel suo cuore: amore.
Amore di quei pastori, dei re Magi, dei due genitori verso un bambino che non sapeva ancora nulla del suo destino, ma aveva già condizionato quello di una piccola stella.
Cometa provò a sua volta amore nei confronti di quel bambino che aveva scelto di nascere sotto il suo cielo, per quei tre uomini saggi che avevano creduto in lei e l’avevano seguita, per tutte quelle persone che mostravano al piccolo re la strada giusta che lo avrebbe condotto al suo destino: l’amore.

Cometa si godette ancora per qualche istante quel cielo, quei pascoli, la capanna e la presenza di quegli esseri umani, poi brillò un po’ più intensamente, un’ultima volta prima di pronunciare felice: “Ora tocca a te, piccolo re, sarà il tuo cuore a brillare di caldo oro e a guidarti. Saranno le tue parole a formare una scia di tenue argento e a guarire tutti coloro che le respireranno. Sarà la tua presenza, il tuo viaggio a guidare altri uomini, altre donne verso quello che tu oggi rappresenti: l’amore, la grandezza in ciò che può apparire piccolo e impotente.”
E Cometa tornò a casa non più piccola, non più insicura, consapevole di aver realizzato un sogno e di averne visto un altro nascere.

Fonte