4 dicembre: Lettera a Giuseppe

Dimmi, Giuseppe, quand’è che hai conosciuto Maria?
Forse, un mattino di primavera, mentre tornava dalla fontana del villaggio, con l’anfora sul capo e con la mano sul fianco snello come lo stelo di un fiordaliso?
O forse, un giorno di sabato, mentre con le fanciulle di Nazareth conversava in disparte sotto l’arco della Sinagoga?
O forse, un meriggio d’estate, in un campo di grano, mentre, abbassando gli occhi splendidi per non rivelare il pudore della povertà, si adattava all’umiliante mestiere di spigolatrice?
Quando ti ha ricambiato il sorriso e ti ha sfiorato il capo con la prima carezza, che forse era la sua prima benedizione e tu non lo sapevi… e poi, tu, nella notte, hai intriso il cuscino con lacrime di felicità?
Ti scriveva lettere d’amore?
Forse sì!
E il sorriso, con cui accompagni il cenno degli occhi verso l’armadio delle tinte e delle vernici, mi fa capire che in uno di quei barattoli vuoti, che ormai non si aprono più, ne conservi ancora qualcuna!

Poi, una notte, hai preso il coraggio a due mani, sei andato sotto la sua finestra, profumata di basilico e di menta, e le hai cantato, sommessamente, le strofe del Cantico dei Cantici:
“Alzati, amica mia, mia bella e vieni!
Perché, ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia e se n’è andata.
I fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna.
Il fico ha messo fuori i primi frutti e le viti fiorite spandono fragranza.
Alzati, amica mia, mia bella e vieni!
O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave e il tuo viso è leggiadro”.

E la tua amica, la tua bella, la tua colomba si è alzata davvero.
È venuta sulla strada, facendoti trasalire.
Ti ha preso la mano nella sua e, mentre il cuore ti scoppiava nel petto, ti ha confidato lì, sotto le stelle, un grande segreto.
Solo tu, il sognatore, potevi capirla.
Ti ha parlato di:
Jahvé, di un Angelo del Signore, di un Mistero nascosto nei secoli e ora nascosto nel suo grembo, di un progetto più grande dell’universo e più alto del firmamento, che vi sovrastava.
Poi, ti ha chiesto di uscire dalla sua vita, di dirle addio, e di dimenticarla per sempre.

Fu, allora, che la stringesti per la prima volta al cuore e le dicesti tremando:
“Per te, rinuncio volentieri ai miei piani.
Voglio condividere i tuoi, Maria, purché mi faccia stare con te”.
Lei ti rispose di sì, e tu le sfiorasti il grembo con una carezza: era la tua prima benedizione sulla Chiesa nascente. […]
E io penso che hai avuto più coraggio tu a condividere il progetto di Maria, di quanto ne abbia avuto lei a condividere il progetto del Signore.
Lei ha puntato tutto sull’onnipotenza del Creatore.
Tu hai scommesso tutto sulla fragilità di una creatura.
Lei ha avuto più fede, ma tu hai avuto più speranza.
La carità ha fatto il resto, in te e in lei.

Tonino Bello, La carezza di Dio. Lettera a Giuseppe

3 dicembre: Serendipity


Passiamo tutta la vita a cercare la felicità, la cerchiamo spesso negli altri o aspettando che si realizzino eventi particolari che crediamo ci diano quella tanto ricercata sensazione di benessere profondo.

La vita però di tutta questa nostra ricerca e delle nostre fisse se ne frega…per fortuna direi!!

Negli ultimi anni mi sono sempre più convinta di una cosa: tutto accade nel momento giusto, sempre! Basta saper attendere quel momento. Proprio per questo non ha senso la frenesia, il rincorrere disperatamente le cose, che poi se vogliamo il più delle volte rincorriamo quelle sbagliate.

Ho sempre sognato intensamente, e negli anni mi sono affannata, ho sofferto rincorrendo strade impossibili senza mai raggiungere qualcosa che si avvicinasse lontanamente a quei sogni. Sono arrivata al punto di sentirmi a pezzi, tutto sembrava perso, poi ho lasciato fare alla vita e mi sono accorta di colpo di aver trovato qualcosa di più bello di quello che sognavo. Attendere non è facile, affidarsi alla vita ancora meno eppure è ciò che dovremmo fare sempre.

In questo periodo magico di attesa, sarebbe bello provare a rallentare, ad affidarsi e fidarsi della vita perchè davvero se riusciamo a farlo probabilmente troveremo più di quanto cerchiamo.

Serendipity: “E’ una parola che ha un bel suono per ciò che significa: un fortunato imprevisto”.  Vi lascio con questo film che adoro.

 

Buona domenica d’avvento!

2 dicembre: Maria donna gestante

«Vicino a Elisabetta aveva portato a compimento il noviziato di una gestazione di cui cominciava lentamente a dipanare il segreto. Ora bisognava scendere in pianura e affrontare i problemi terra terra a cui va incontro ogni donna in attesa. Con qualche complicazione in più. Come dirglielo a Giuseppe? E alle compagne con cui aveva condiviso fino a poco tempo prima i suoi sogni di ragazza innamorata, come avrebbe spiegato il mistero che le era scoppiato nel grembo? (…) Non fece in tempo a rientrare a casa, che Giuseppe, senza chiederle neppure che rendesse più esaurienti le spiegazioni fornitegli dall’angelo, se la portò subito con sé. Una notte, lei gli disse: “Senti, Giuseppe, si muove”. (…)
Maria non fu estranea alle tribolazioni a cui è assoggettata ogni comune gestante. Anzi, era come si concentrassero in lei le speranze, sì, ma anche le paure di tutte le donne in attesa. Che ne sarà di questo frutto, non ancora maturo, che mi porto nel seno? Gli vorrà bene la gente? Sarà contento di esistere? E quanto peserà su di lui il versetto della Genesi: “partorirai i figli nel dolore”? (…)
Santa Maria, donna gestante, aiutaci ad accogliere come dono ogni creatura che si affaccia a questo mondo. Non c’è ragione che giustifichi il rifiuto. Non c’è violenza che legittimi violenza. Non c’è programma che non possa saltare di fronte al miracolo di una vita che germoglia. (…) Santa Maria, donna gestante, grazie perché, se Gesù l’hai portato nel grembo nove mesi, noi, ci stai portando tutta la vita
».* 

* Fonte: Antonio Bello, Maria donna dei nostri giorni, Paoline, Milano 1993. 

1 dicembre: l’arte dell’attesa

Celebrare l’ Avvento significa saper attendere:

attendere è un’ arte che il nostro
tempo impaziente ha dimenticato.
Esso vuole staccare il frutto maturo 
non appena germoglia; 
ma gli occhi ingordi vengono soltanto illusi, 
perché un frutto apparentemente così squisito
è dentro ancora verde,
e mani prive di rispetto gettano via ingrate
ciò che le ha deluse. 
Chi non conosce la beatitudine acerba dell’attendere,
cioè la rinuncia a qualcosa nella speranza, 
non potrà mai gustare tutta la benedizione dell’adempimento.

Chi non conosce la necessità
di lottare con le domande più profonde della vita,
della sua vita e nell’attesa
non tiene aperti gli occhi con desiderio finché la verità non gli si rivela,
costui non può figurarsi nulla della magnificenza
di questo momento in cui risplenderà la chiarezza;
e chi vuole ambire all’amicizia
e all’amore di altro, 
senza attendere che la sua anima si apra
all’altro fino ad averne accesso,
a costui rimarrà eternamente nascosta
la profonda benedizione di una vita 
che si svolge tra due anime.

Nel mondo dobbiamo attendere le cose
più grandi, più profonde, più delicate,
e questo non avviene in modo tempestoso, 
ma secondo la legge divina 
della germinazione, della crescita e dello sviluppo. 

Fonte

“Nel mondo dobbiamo attendere le cose più grandi”…non arrivano subito, a volte ci mettono anni come Davide, ma poi quando arrivano ripagano ogni attesa….