14 dicembre: la famiglia


Natale è la festa della famiglia.

Ma dov’è nata la più straordinaria famiglia se non nella grotta di Betlemme? E’ lì, con la nascita del Bambino, che essa ha avuto origine. E’ lì che si è sprigionato per la prima volta nel cuore di Maria e di Giuseppe l’amore per un terzo membro: il Dio fatto bambino.

La famiglia: ecco una parola che contiene un immenso significato, ricco, profondo, sublime e semplice, soprattutto reale. La famiglia o c’è o non c’è.

Atmosfera di famiglia è atmosfera di comprensione, di distensione serena; atmosfera di sicurezza, di unità, di amore reciproco, di pace che prende i suoi membri in tutto il loro essere.

Vorrei che questo Natale incidesse a caratteri di fuoco nei nostri animi questa parola: famiglia.

Una famiglia i cui membri, partendo dalla visione soprannaturale, e cioè vedendo Gesù gli uni negli altri, arrivano fino alle espressioni più concrete e semplici, caratteristiche di una famiglia. Una famiglia i cui fratelli non hanno un cuore di pietra ma di carne, come Gesù, come Maria, come Giuseppe.

Vi sono fra essi coloro che soffrono per prove spirituali? Occorre comprenderli come e più di una madre. Illuminarli con la parola o con l’esempio. Non lasciar mancare, anzi accrescere attorno a loro il calore della famiglia.

Vi sono tra essi coloro che soffrono fisicamente? Siano i fratelli prediletti. Bisogna patire con loro. Cercare di comprendere fino in fondo i loro dolori.

Vi sono coloro che muoiono? Immaginate di essere al loro posto e fate quanto desiderereste fosse fatto a voi fino all’ultimo istante.

C’è qualcuno che gode per una conquista o per un qualsiasi motivo? Godete con lui, perché la sua consolazione non sia contristata e l’animo non si chiuda, ma la gioia sia di tutti.

C’è qualcuno che parte? Non lasciarlo andare senza avergli riempito il cuore di una sola eredità: il senso della famiglia, perché lo porti con sé.

E dove si va per portare l’Ideale di Cristo, nulla si potrà fare di meglio che cercare di creare con discrezione, con prudenza, ma con decisione, lo spirito di famiglia.

Esso è uno spirito umile, vuole il bene degli altri, non si gonfia….è la carità vera, completa.

Insomma, se io dovessi partire da voi, lascerei che Gesù in me vi ripetesse: “Amatevi a vicenda… affinché tutti siano uno”.

Chiara Lubich

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13 dicembre: Sarà Natale, quale Natale?

Signore nostro,
in un mondo in cui tutto è in vendita
ricordaci che la verità non si compra.

Signore nostro,
in un momento in cui si compra di tutto
ricordaci che l’amore è gratuito.

Signore nostro,
in giorni in cui si è buoni per obbligo
ricordaci che la carità è pratica quotidiana.

Signore nostro,
in un momento in cui si fanno doni intelligenti
ricordaci che una riconciliazione è il dono più intelligente.

Signore nostro,
in mezzo a un’orgia di panettoni farciti
ricordaci che non si sfama il povero con la pubblicità.

Signore nostro,
quando riuniamo le nostre famiglie a fare festa
ricordaci che potremmo farlo molto più spesso.

Signore nostro,
mentre orniamo i nostri alberi luccicanti
ricordaci lo splendore discreto della tua croce.

Signore nostro,
mentre andiamo festanti alla messa di mezzanotte
ricordaci che non è il cenone di capodanno.

Signore nostro,
mentre ci affanniamo ad agghindarci per le feste
ricordaci che davanti a quel Bambino cade ogni mascherata.

Signore nostro,
mentre ci confessiamo a te per una volta all’anno
ricordaci che tu sei la nostra gioia e il nostro regalo,
ogni giorno dell’anno, di ogni anno, per l’eternità.

Perché tu ci sei sempre, Signore.

Fonte

12 dicembre: perché sono nato dice Dio

Sono nato nudo, dice Dio,
perché tu sappia spogliarti di te stesso.
Sono nato povero,
perché tu possa considerarmi l’unica ricchezza.
Sono nato in una stalla,
perché tu impari a santificare ogni ambiente.
Sono nato debole, dice Dio,
perché tu non abbia mai paura di me.
Sono nato per amore,
perché tu non dubiti mai del mio amore.
Sono nato di notte,
perché tu creda che io posso illuminare qualsiasi realtà.
Sono nato persona, dice Dio,
perché tu non abbia mai a vergognarti di essere te stesso.
Sono nato uomo,
perché tu possa essere “dio”.
Sono nato perseguitato,
perché tu sappia accettare le difficoltà.
Sono nato nella semplicità,
perché tu smetta di essere complicato.
Sono nato nella tua vita, dice Dio,

per portare tutti alla casa del Padre.

Fonte

11 dicembre: I figli sono un dono

Ieri è caduta la prima neve, e di solito quando succede esprimo un desiderio, quest’anno invece non sono riuscita a farlo. Troverei lo stesso imbarazzo se dovessi scrivere una lettera a Babbo Natale perchè davvero in questo periodo non riesco a desiderare altro se non quello che porto già in grembo. Non c’è regalo che si possa desiderare di più! Non c’è dono più prezioso!

Dall’udienza generale del 11/02/2015

I figli non sono un problema di biologia riproduttiva, ma un dono“La gioia dei figli – ha proseguito – fa palpitare i cuori dei genitori e riapre il futuro. I figli sono la gioia della famiglia e della società. Non sono un problema di biologia riproduttiva, né uno dei tanti modi di realizzarsi. E tanto meno sono un possesso dei genitori … No, no. I figli sono un dono, sono un regalo: capito?I figli sono un dono. Ciascuno è unico e irripetibile; e al tempo stesso inconfondibilmente legato alle sue radici.

I figli sono amati prima di venire al mondo“Un figlio lo si ama perché è figlio: non perché  sia bello, e perché sia così o cosà; no, perché è figlio! Non perché la pensa come me, o incarna i miei desideri. Un figlio è un figlio: una vita generata da noi ma destinata a lui, al suo bene, al bene della famiglia, della società, dell’umanità intera. Di qui viene anche la profondità dell’esperienza umana dell’essere figlio e figlia, che ci permette di scoprire la dimensione più gratuita dell’amore, che non finisce mai di stupirci. E’ la bellezza di essere amati prima: i figli sono amati prima che arrivino. Quante volte trovo le mamme qui che mi fanno vedere la pancia e mi chiedono la benedizione … perché sono amati questi bimbi prima di venire al mondo. E questa è gratuità, questo è amore; sono amati prima, come l’amore di Dio che ci ama sempre prima. Sono amati prima di aver fatto qualsiasi cosa per meritarlo, prima di saper parlare o pensare, addirittura prima di venire al mondo! Essere figli è la condizione fondamentale per conoscere l’amore di Dio, che è la fonte ultima di questo autentico miracolo. Nell’anima di ogni figlio, per quanto vulnerabile, Dio pone il sigillo di questo amore, che è alla base della sua dignità personale, una dignità che niente e nessuno potrà distruggere”

Fonte

 

 

 

10 dicembre: A Christmas Carol

In questa seconda domenica di avvento volevo soffermarmi su un estratto della liturgia della parola di oggi:

Dalla seconda lettera di san Pietro apostolo
Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. 

Non siamo solo noi ad aspettare quindi, c’è Qualcuno che attende noi, che non vuole che ci perdiamo, e aspetta lì per anni e anni.

Questo deve insegnarci che non è mai troppo tardi per cambiare la nostra vita, per cambiare il modo di vedere e vivere le cose, per raddrizzare il nostro sentiero, per ricominciare.

Il Natale può essere un’occasione di rinascita, sta a noi coglierla!

Questa riflessione mi hanno portato a pensare a Scrooge, vi lascio così con una sua frase…

“Godetevi la vita gente, perché sarete morti per un bel pezzo!” (Ebenezer Scrooge)

9 dicembre: i regali nello sgabuzzino

Il postino suonò due volte. Mancavano cinque giorni a Natale. Aveva fra le braccia un grosso pacco avvolto in carta preziosamente disegnata e legato con nastri dorati. “Avanti”, disse una voce dall’interno. Il postino entrò. Era una casa malandata: si trovò in una stanza piena d’ombre e di polvere. Seduto in una poltrona c’era un vecchio. “Guardi che stupendo pacco di Natale!” disse allegramente il postino. “Grazie. Lo metta pure per terra”, disse il vecchio con la voce più triste che mai. “Non c’è amore dentro” Il postino rimase imbambolato con il grosso pacco in mano. Sentiva benissimo che il pacco era pieno di cose buone e quel vecchio non aveva certo l’aria di spassarsela male. Allora, perché era così triste? “Ma, signore, non dovrebbe fare un po’ di festa a questo magnifico regalo?”. “Non posso… Non posso proprio”, disse il vecchio con le lacrime agli occhi. E raccontò al postino la storia della figlia che si era sposata nella città vicina ed era diventata ricca. Tutti gli anni gli mandava un pacco, per Natale, con un bigliettino: “Da tua figlia Luisa e marito”. Mai un augurio personale, una visita, un invito: “Vieni a passare il Natale con noi”. “Venga a vedere”, aggiunse il vecchio e si alzò stancamente. Il postino lo seguì fino ad uno sgabuzzino. il vecchio aprì la porta. “Ma … ” fece il postino. Lo sgabuzzino traboccava di regali natalizi. Erano tutti quelli dei Natali precedenti. Intatti, con la loro preziosa carta e i nastri luccicanti. “Ma non li ha neanche aperti!” esclamò il postino allibito. “No”, disse mestamente il vecchio. “Non c’è amore dentro”.

Per vivere diversamente

Natale è diventata la festa del regalo. Non è una brutta cosa, dopotutto! Natale è la festa del grande dono fatto da Dio all’umanità: lui stesso viene a vivere tra noi per insegnarci la strada della Vita Eterna. Scambiarsi regali è un po’ partecipare alla grande generosità di Dio. Il regalo però, dice il racconto, può trasformarsi in una usanza senza amore dentro, cioè in una triste ipocrisia.

Discutete: Perché la gente si scambia regali a Natale?

Quali sono le motivazioni ‘reali’ che spingono la maggior parte della gente a fare regali vistosi?

Che cosa significa un regalo “con amore dentro”?

Preparate dei regali speciali, che abbiano un vero significato, per i vostri amici, per il vostro parroco, per il sindaco della vostra città.

Organizzate una visita all’Ospedale o al Ricovero delle persone anziane della vostra zona.

Fate loro il dono più bello: un po’ del vostro tempo.

Preghiamo

O Signore,

che ti sei fatto dono per l’uomo;

che non hai lasciato solo il ricordo di te

come tanti che sono passati.

Ci insegni

che i nostri gesti d’amore

sono vuoti se non portano agli altri

un poco di noi stessi.

Fa’ che i miei doni

non abbiano il sapore della circostanza,

dell’obbligo, della buona creanza

ma siano un modo

d’andare incontro ai fratelli

nella gioia di un cuore aperto.

Fonte:  Novena di Natale per ragazzi
Nove racconti per nove giorni.

(per gentile concessione di don Bruno Ferrero e dell’editrice ELLEDICI – http://www.elledici.org)

8 dicembre: Maria, donna dell’attesa

Maria, donna dell’attesa

La vera tristezza non è quando, a sera, non sei atteso da nessuno al tuo rientro in casa, ma quando tu non attendi più nulla dalla vita.

E la solitudine più nera la soffri non quando trovi il focolare spento, ma quando non lo vuoi accendere più: neppure per un eventuale ospite di passaggio.

Quando pensi, insomma, che per te la musica è finita. E ormai i giochi siano fatti. E nessun’anima viva verrà a bussare alla tua porta. E non ci saranno più né soprassalti di gioia per una buona notizia, né trasalimenti di stupore per una improvvisata. E neppure fremiti di dolore per una tragedia umana: tanto non ti resta più nessuno per il quale tu debba temere.

La vita allora scorre piatta verso un epilogo che non arriva mai, come un nastro magnetico che ha finito troppo presto una canzone, e si srotola interminabile, senza dire più nulla, verso il suo ultimo stacco.

Attendere: ovvero sperimentare il gusto di vivere. Hanno detto addirittura che la santità di una persona si commisura dallo spessore delle sue attese. Forse è vero.

Se è così, bisogna concludere che Maria è la più santa delle creature proprio perché tutta la sua vita appare cadenzata dai ritmi gaudiosi di chi aspetta qualcuno.

Già il contrassegno iniziale con cui il pennello di Luca la identifica è carico di attese: «Promessa sposa di un uomo della casa di Davide».

Fidanzata, cioè.

A nessuno sfugge a quale messe di speranze e di batticuori faccia allusione quella parola che ogni donna sperimenta come preludio di misteriose tenerezze. Prima ancora che nel Vangelo venga pronunciato il suo nome, di Maria si dice che era fidanzata. Vergine in attesa. In attesa di Giuseppe. In ascolto del frusciare dei suoi sandali, sul far della sera, quando, profumato di legni e di vernici, egli sarebbe venuto a parlarle dei suoi sogni.

Ma anche nell’ultimo fotogramma con cui Maria si congeda dalle Scritture essa viene colta dall’ obiettivo nell’ atteggiamento dell’attesa.

Lì, nel cenacolo, al piano superiore, in compagnia dei discepoli, in attesa dello Spirito. In ascolto del frusciare della sua ala, sul fare del giorno, quando, profumato di unzioni e di santità, egli sarebbe disceso sulla Chiesa per additarle la sua missione di salvezza.

Vergine in attesa, all’inizio.

Madre in attesa, alla fine.

E nell’arcata sorretta da queste due trepidazioni, una così umana e l’altra così divina, cento altre attese struggenti.

L’attesa di lui, per nove lunghissimi mesi. L’attesa di adempimenti legali festeggiati con frustoli di povertà e gaudi di parentele. L’attesa del giorno, l’unico che lei avrebbe voluto di volta in volta rimandare, in cui suo figlio sarebbe uscito di casa senza farvi ritorno mai più. L’attesa dell’ora: l’unica per la quale non avrebbe saputo frenare l’impazienza e di cui, prima del tempo, avrebbe fatto traboccare il carico di grazia sulla mensa degli uomini. L’attesa dell’ultimo rantolo dell’unigenito inchiodato sul legno. L’attesa del terzo giorno, vissuta in veglia solitaria, davanti alla roccia.

Attendere: infinito del verbo amare. Anzi, nel vocabolario di Maria, amare all’infinito.

Santa Maria, Vergine dell’attesa, donaci del tuo olio perché le nostre lampade si spengono. Vedi: le riserve si sono consumate. Non ci mandare ad altri venditori. Riaccendi nelle nostre anime gli antichi fervori che ci bruciavano dentro quando bastava un nonnulla per farci trasalire di gioia: l’arrivo di un amico lontano, il rosso di sera dopo un temporale, il crepitare del ceppo che d’inverno sorvegliava i rientri in casa, le campane a stormo nei giorni di festa, il sopraggiungere delle rondini in primavera, l’acre odore che si sprigionava dalla stretta dei frantoi, le cantilene autunnali che giungevano dai palmenti, l’incurvarsi tenero e misterioso del grembo materno, il profumo di spigo che irrompeva quando si preparava una culla.

Se oggi non sappiamo attendere più, è perché siamo a corto di speranza. Se ne sono disseccate le sorgenti. Soffriamo una profonda crisi di desiderio. E, ormai paghi dei mille surrogati che ci assediano, rischiamo di non aspettarci più nulla neppure da quelle promesse ultraterrene che sono state firmate col sangue dal Dio dell’alleanza.

Santa Maria, Vergine dell’attesa, donaci un’anima vigiliare. Giunti alle soglie del terzo millennio, ci sentiamo purtroppo più figli del crepuscolo che profeti dell’avvento. Sentinella del mattino, ridestaci nel cuore la passione di giovani annunci da portare al mondo, che si sente già vecchio. Portaci, finalmente, arpa e cetra, perché con te mattiniera possiamo svegliare l’aurora.

Di fronte ai cambi che scuotono la storia, donaci di sentire sulla pelle i brividi dei cominciamenti. Facci capire che non basta accogliere: bisogna attendere. Accogliere talvolta è segno di rassegnazione. Attendere è sempre segno di speranza. Rendici, perciò, ministri dell’ attesa. E il Signore che viene, Vergine dell’ avvento, ci sorprenda, anche per la tua materna complicità, con la lampada in mano.

http://www.atma-o-jibon.org/italiano6/tonino_bello_maria4.htm

7 dicembre: È sempre Natale

Quando crediamo e difendiamo la vita,

 quando ti ringraziamo per quanto già abbiamo,

 quando sappiamo metterci in ascolto della Tua parola,

 quando siamo di aiuto a chi ne ha bisogno,

 quando dividiamo le nostre gioie con gli altri,

 quando la speranza guida le nostre giornate e azioni,

 quando sappiamo essere docili alla Tua volontà,

 quando Ti riconosciamo come Padre e Ti preghiamo e adoriamo in silenzio,

Tu, o Signore, nasci dentro di noi, 

e per noi ogni giorno è NATALE!

6 dicembre: All I want for Christmas is you

Non voglio molto per Natale
c’ è solo una cosa di cui ho bisogno
non mi importa dei regali
sotto l’ albero di Natale
voglio solo te, tutto per me
molto più di quanto avrei mai creduto
realizza il mio desiderio…
tutto quello che voglio per Natale
sei tu…

non voglio molto per Natale
c’ è solo una cosa di cui ho bisogno
non mi importa dei regali
sotto l’ albero di Natale
non ho bisogno di appendere la calza
lì, sopra il caminetto
Babbo Natale non mi renderà felice
con un giocattolo il giorno di Natale
voglio solo te, tutto per me
molto più di quanto avresti mai creduto
realizza il mio desiderio
tutto quello che voglio per Natale sei tu…
Tu tesoro

non chiederò molto questo Natale
non desidero neanche la neve
continuerò solo ad aspettare
sotto il vischio
non farò una lista da spedire
al Polo nord per Babbo Natale
non starò neanche sveglia per
sentire i magici schiocchi delle renne
perché voglio solo tenerti stretto a me stanotte
cos’ altro posso fare?
tesoro tutto quello che voglio per Natale sei tu
tu…

tutte le luci stanno brillando
così lucenti ovunque
e il suono delle risate dei bambini riempie l’ aria
tutti cantano
sento suonare le campanelle della slitta
Babbo Natale mi porterai quello
di cui ho veramente bisogno?
mi porteresti per favore il mio tesoro?

non voglio molto per Natale
questo è tutto ciò che chiedo
voglio solo vedere il mio tesoro
davanti alla mia porta
voglio solo lui, tutto per me
molto più di quanto potresti mai credere
realizza i miei desideri
tesoro, tutto quello che voglio per Natale sei tu…

tutto quello che voglio per Natale sei tu tesoro…

Tu e Davide 💙

5 dicembre: l’esempio di Nazareth

 Dai «Discorsi» di Paolo VI, papa
(Discorso tenuto a Nazareth, 5 gennaio 1964)

La casa di Nazareth è la scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, cioè la scuola del Vangelo. Qui si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato così profondo e così misterioso di questa manifestazione del Figlio di Dio tanto semplice, umile e bella. Forse anche impariamo, quasi senza accorgercene, ad imitare.

Qui impariamo il metodo che ci permetterà di conoscere chi è il Cristo. Qui scopriamo il bisogno di osservare il quadro del suo soggiorno in mezzo a noi: cioè i luoghi, i tempi, i costumi, il linguaggio, i sacri riti, tutto insomma ciò di cui Gesù si servì per manifestarsi al mondo.

Qui tutto ha una voce, tutto ha un significato. Qui, a questa scuola, certo comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo seguire la dottrina del Vangelo e diventare discepoli del Cristo. Oh! come volentieri vorremmo ritornare fanciulli e metterci a questa umile e sublime scuola di Nazareth! Quanto ardentemente desidereremmo di ricominciare, vicino a Maria, ad apprendere la vera scienza della vita e la superiore sapienza delle verità divine! Ma noi non siamo che di passaggio e ci è necessario deporre il desiderio di continuare a conoscere, in questa casa, la mai compiuta formazione all’intelligenza del Vangelo. Tuttavia non lasceremo questo luogo senza aver raccolto, quasi furtivamente, alcuni brevi ammonimenti dalla casa di Nazareth.

In primo luogo essa ci insegna il silenzio. Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. Oh! silenzio di Nazareth, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri. Insegnaci quanto importanti e necessari siano il lavoro di preparazione, lo studio, la meditazione, l’interiorità della vita, la preghiera, che Dio solo vede nel segreto.

Qui comprendiamo il modo di vivere in famiglia. Nazareth ci ricordi cos’è la famiglia, cos’è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro ed inviolabile; ci faccia vedere com’è dolce ed insostituibile l’educazione in famiglia, ci insegni la sua funzione naturale nell’ordine sociale